Cassazione, V Sezione, n. 49821 del 24 giugno 2019

“In tema di bancarotta fraudolenta, la sostituzione della cornice edittale prevista per le pene accessorie ad opera della sentenza della Corte Costituzionale n. 222 del 2018 determina l’illegalità della pena irrogata a seguito di sentenza di patteggiamento laddove venga utilizzato il criterio dichiarato illegittimo, dovendosi correttamente ricorrere, ai fini del calcolo, ai parametri stabiliti nell’art. 133 c.p., unica soluzione capace di garantire la necessaria elasticità per la determinazione, caso per caso, della durata delle pene accessorie”

Nella sentenza in commento la Suprema Corte affronta il tema della durata delle pene accessorie nei delitti di bancarotta fraudolenta dopo l’intervento della Corte Costituzionale.

Nel caso sottoposto al vaglio del Supremo Collegio il ricorrente, imputato per bancarotta fraudolenta, definiva il processo mediante patteggiamento allargato e, tuttavia, si vedeva irrogare le pene accessorie della inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e della incapacità a ricoprire uffici direttivi per qualsiasi impresa per la durata di anni dieci.

Gli Ermellini, nell’accogliere il ricorso dell’imputato, richiamano proprio i principi espressi nella sentenza della Corte Costituzionale n. 222 del 5 dicembre 2018 che dichiarava l’incostituzionalità dell’art. 216 l.f. nella parte in cui si prevedeva l’irrogazione della pena accessoria in misura fissa di anni dieci.

A seguito di tale declaratoria di incostituzionalità, l’irrogazione in misura fissa della pena accessoria deve ritenersi illegale, proprio perché determinata attraverso un criterio dichiarato illegittimo.
Il Supremo Collegio, in tale pronuncia, applica un principio già elaborato nella giurisprudenza di legittimità per le pene principali, ritenendo principio generale dell’ordinamento quello di non consentire l’esecuzione di pene non conformi ai parametri legali.

Ebbene, dalla dichiarazione di illegalità della pena inflitta mediante il parametro dichiarato illegittimo, i Giudici individuano l’alternativa metodologica al calcolo della pena nel rispetto dei parametri legali mediante il ricorso, caso per caso, ai criteri indicati dall’art. 133 c.p.